C’era una volta (e non è una favola) un mondo in cui l’economia circolare - quel termine che va di moda per definire un circolo virtuoso di produzione e consumo dei beni materiali - era il modello unico di azione: era il mondo agricolo, con le nostre (anche a casa mia) fattorie in cui si produceva ciò di cui c’era bisogno e nulla andava sprecato.
In pratica, si faceva tesoro di tutto ed anche gli “scarti” erano utilizzati, in qualche modo, nell’economia aziendale.
Oggi tutto è cambiato, quel modello non potrebbe nemmeno essere applicato in una logica di pura sussistenza. Ma c’è una parte di quel mondo che si ripresenta proprio nel modello di sviluppo contraddistinto dall’economia circolare.
L’agricoltura è un terreno fertile per l’economia circolare: dal settore primario arrivano reflui zootecnici, una miniera rinnovabile per il recupero di elementi che giocano un ruolo centrale per il suolo come fosforo, azoto e potassio, ma anche biogas e ammendanti (“qualsiasi sostanza, naturale o sintetica, minerale od organica, capace di modificare e migliorare le proprietà e le caratteristiche chimiche, fisiche, biologiche e meccaniche di un terreno”). Utilizzando gli scarti agricoli è possibile: ridurre le emissioni di CO2 causate dalla produzione di fertilizzanti minerali e produrre ammendanti e combustibili da fonti rinnovabili.
Quindi, nelle nostre aziende agricole c’è un tesoro che per troppo tempo abbiamo considerato alla stregua di quello che i francesi definiscono “merd…”. In realtà in quei materiali di scarto del processo di allevamento si nasconde un capitale formidabile di minerali e sostanze che - trasferite al suolo - fanno la differenza tra la fertilità e la desertificazione.
L’agricoltura sostenibile è quella che, nello sfruttamento delle risorse e nelle tecniche di produzione, si propone di non alterare l’equilibrio ambientale e quindi si presenta come rispettosa dell’ambiente e socialmente giusta, contribuendo a migliorare la qualità della vita sia degli agricoltori che dell’intera società.
Ebbene, corretto sfruttamento delle risorse e utilizzo di tecniche e mezzi avanzati di produzione sono i due pilastri del futuro dell’agricoltura.
In ordine: sapete quanto “vale” il liquame e letame che avete in azienda?
Da una serie di sperimentazioni e studi emerge il valore economico - oltre che ambientale - dei reflui (sopratutto il liquame da zootecnia) in sostituzione dei concimi di origine chimica. Si tratta di centinaia e centinaia di € per ettaro risparmiati sfruttando quello che i nostri animali ci danno quotidianamente e che ammassiamo in tempia o nei vasconi dei reflui.
Questo documento sono pronto a condividerlo con voi: mandate una mail con i vostri riferimenti (nome, azienda, telefono) a comunicazione@lucagri.it e riceverete in regalo questo materiale guida molto interessante, redatto su basi scientifiche e testato da allevatori in tutta europa.
E poi, per la parte dei mezzi e delle tecniche di spandimento dei liquami e letami, come site messi?
Noi di Lucagri - con la gamma dei mezzi e attrezzature Joskin - siamo a vostra disposizione per spiegarvi e mostrarvi come sia possibile sfruttare al meglio tutto il valore agronomico dei reflui, facendoli diventare fonte di risparmi importanti nella gestione economica dell’azienda e nel bilancio ambientale positivo a ogni azienda agricola deve contribuire.
Ricordate: le risorse devono essere valorizzate con i giusti mezzi. Le risorse le avete voi in azienda, noi vi diamo i mezzi migliori possibili per sfruttarle.
Provare per credere.
Chiedete la brochure sul valore economico del liquame: non dimenticate|